Sviluppo dell'idroponica nel mondo

La coltivazione idroponica di ultima generazione, può essere suddivisa in Low Tech, Medium Tech e High Tech. Medium e High si riferiscono a serre di ultima generazione, dove vengono montati sofisticati sistemi automatizzati per il controllo del clima e delle soluzioni nutritive; le Low sono sistemi molto semplici ed economici e possono andar bene in tutte quelle aree geografiche dove il clima, soprattutto le basse temperature, non rappresentano un problema. 


Queste ultime, proprio grazie ai bassi investimenti necessari, stanno trovando maggiore diffusione in molti Paesi in via di sviluppo. Intere aree desertiche, con territori non adatti all'agricoltura, attraverso la coltivazione idroponica possono vedere cambiare il loro destino in un tempo molto ridotto. Nell'ultimo secolo siamo stati abituati a vedere conflitti generati soprattutto dalle ricchezze del sottosuolo, ma si è sempre trattato di un falso problema. 


E' vero che il petrolio può diventare motivo del contendere, ma ancora prima del petrolio il problema è il cibo. Infondo molte delle ricchezze prodotte dal petrolio finiscono nelle tasche di chi, magari in cambio di oro nero, esporta in quei Paesi cibo, per il quale molti, soprattutto tra i più ricchi, dipendono esclusivamente da Paesi terzi. Arabia, Iraq, Emirati Arabi, Iran, Kuwait, Canada, pur essendo Paesi molto ricchi, per tutto quello che riguarda il cibo, dipendono pesantemente, e in alcuni casi quasi esclusivamente, da altri Paesi. 



Nei prossimi anni questi Paesi potrebbero ridurre l'import agricolo in maniera drastica. Il Canada, ad esempio, che ha adottato lo sviluppo dell'idroponica a partire dal 1990, oggi ha ridotto di circa il 50% l'importazione di ortaggi dall'Europa. I Paesi Arabi, pur votandosi a questa tecnica solo nell'ultimo decennio, sono scesi dal 97% al 72% e la curva è destinata a scendere in maniera esponenziale.
 









Ma se in questi ultimi dieci anni l'idroponica si è diffusa nei Paesi più ricchi, ora è arrivato il momento di quelli in via di sviluppo. Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto sono quelli che entro i prossimi 10 anni potranno affrancarsi dall'importazione di ortaggi. 
Un caso a parte è Israele, che oltre ad aver aumentato il suo export agricolo nel mondo, oggi può vantare alte capacità nell'innovazione tecnologica in fatto di serre di ultima generazione. 



In Europa, Paesi come Germania, Belgio, Polonia, Spagna e Olanda stanno riducendo drasticamente il gap col Regno Unito che tuttavia continua a mantenere il primato mondiale.

Nel mondo l'idroponica è presente con questi dati: 
Il Regno Unito  genera con l'idroponica 54 milioni di dollari; gli Stati Uniti 47 milioni, l'Australia 40 milioni. 



La vera sorpresa però è L'India con una produzione agricola idroponica di 38 milioni di dollari, mentre il Giappone riesce a far parte del gruppo dei forti con 27 milioni di ricavi da questo settore. Ultimo dato significativo, se pur molto distanziato dal gruppo, è quello del Sud Africa con un milione e mezzo di produzione annua. Bisogna però puntualizzare che questi dati non tengono in considerazione i piccoli produttori locali sparsi in tutti i Paesi. Il dato europeo del Regno Unito, se pur significativo, deve tener conto della produzione Olandese e Spagnola che assume un peso significativo nell'export dei rispettivi Paesi.



Insomma, il mondo agricolo sta cambiando sotto i nostri occhi, ma in Italia sembra che siano ancora in pochi a capirlo. 
Nel nostro bel Paese l'idroponica continua ad essere un settore marginale dell'agricoltura. Il sud, che non dovendo riscaldare le serre, potrebbe produrre a costo zero, sembra non voglia occuparsene, ma alla fine (dicono alcuni) potrà rivelarsi un bene. 



Potrebbe succedere infatti, che l'agricoltura tradizionale (magari biologica), venga rivalutata come settore di nicchia destinata a consumatori amanti del lusso. Chissà... un giorno potremmo vedere pomodori Prada, cetrioli Gucci e zucchine Dolce & Gabbana. 

Franco Zanghì

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